Venerdì 20 aprile 2018 – Ore 21 Fondazione Roma Tre Teatro Palladium
KLAMATA KARDÌA
Il pianto del cuore
liberamente tratto da Fedra di Seneca
di e con Maria Elena Curzi e Alessandra De Luca
videoarte e foto Adriano Pucciarelli
musiche originali Roberto Ribuoli
costumi Arianna Pioppi e Medea Labate
disegno luci Francesco Ciccone
voce fuori campo Daniele Di Matteo
foto di scena Matteo Nardone
Teatro Palladium – Università Roma Tre
Piazza Bartolomeo Romano 8, 00154 Roma
Prezzi spettacoli: intero € 15 / ridotto € 10 / studenti € 5
“In quel sepolcro infernale, che cosa facevano?
[…] quel che si può fare in un inferno, cantavano. Infatti, dove non c’è più speranza, rimane il canto.”
Victor Hugo, I miserabili, parte IV, L’idillio di rue Plumet e l’epopea di rue Saint-Denis
“L’uomo primitivo siamo noi, nel regno e nel dominio della tecnica. Confrontarcisi è un’esperienza sia pedagogica che teatrale, ed è forse questo che bisogna rivalutare, nella sua “antichità” e nella sua “novità”, nei modi nuovi in cui queste cose si esprimono nel nostro tempo.” (Goffredo Fofi)
Uno spettacolo che mette in campo una riflessione su qualcosa di primitivo ma che ci appartiene tuttora: il tema della perdita, dell’abbandono, della mancanza, degli affetti scomparsi e poi ritrovati in altra forma, distrutti in frammenti e poi ricuciti nei ricordi, della violenza, della solitudine, della paura. Questo è Klamata kardìa – Il pianto del cuore, diMaria Elena Curzi e Alessandra De Luca, liberamente ispirato alla Fedra di Seneca. Lo spettacolo, in programma il 20 aprile al Teatro Palladium nella sezione “Laboratori in scena”, è risultato dell’impegno che la Fondazione Roma Tre Teatro Palladium sta mettendo in campo in progetti sperimentali presentati da giovani autori ed interpreti.
“Si tratta di qualcosa che appartiene all’uomo primitivo, alla tragedia classica, al canto delle prefiche che ha un sapore antico e primigenio, ma anche a noi – affermano le curatrici. “Il ritmico risuonare del battito dei nostri cuori dentro e fuori di noi fa da continua base di sostegno, e dà il tempo alla vita: la materia prima con cui il teatro si confronta.
Note di regia
Eména mu dispiàcesse, kéccia-mu, ma satti icusa i sperazziuna (A me dispiacque, piccola mia, quando ho sentito le campane a morto). Così inizia una delle nenie che intonavano in griko le prefiche salentine non troppi anni fa, ripresa poi dal documentario Stendalì – Suonano ancora di Cecilia Mangini, con testi di Pierpaolo Pasolini. Partendo da questa nenia e dal racconto mitologico della morte di Ippolito, Klamata kardìa – Il pianto del cuore ci mette davanti a un dolore da accettare. Senza sconti, senza cedere al consolatorio. Ce ‘nna clàssome na clàssome /na mi’ pposéssome macata (dobbiamo piangere e piangere/ senza mai riposo), continuano a dirci le prefiche, nella consapevolezza che solo l’essere attraversati fino in fondo da questo dolore ne può permettere il superamento.
Ippolito lotta contro un mostro, così come fece suo padre Teseo. Ma questa volta il mostro vince. Il suo corpo viene fatto a brandelli, impossibili da ricucire insieme. Forse però qualcosa resta intatto in chi rimane, il ricordo d’un gesto d’una sillaba.