di Margherita Filippeschi
In un film cerco l’originalità, che non è semplicemente proporre un racconto nuovo, ma è anche saper ricostruire a partire da spunti e ispirazioni che possono provenire da qualsiasi ambito, dalla letteratura al mito.
Il Ladro di Stelle Cadenti riesce a unire entrambi questi aspetti. Si tratta a tutti gli effetti di un film pienamente originale, che prende il via dall’omonimo romanzo. Al tempo stesso osservando la pellicola si ha la sensazione di assistere a dei richiami verso il mondo delle fiabe e del fantastico che è tanto caro a molti di noi. Forse sono le atmosfere, forse sono i sogni e i desideri che animano i personaggi, forse è la suggestiva colonna sonora. Non so dirvelo con certezza: so solo che Il Ladro di Stelle Cadenti per me è stato un incantevole viaggio nell’animo umano, una moderna fiaba cinematografica che ci porta a riscoprire il nostro animo più autentico.
Di cosa parla esattamente? Diretto da Francisco Saia, al suo debutto come regista in un lungometraggio, e scritto da Paolo Picciolo, potrei riassumere dicendovi che è un racconto poetico dove siamo invitati a riflettere su cosa significhi desiderare, e su come i sogni possano eventualmente diventare parte di una realtà dolorosa. Il protagonista Milo è ciò che scopre nel corso della sua vita, quando nota come i suoi desideri possano a volte perdere il controllo. Da bambino ad esempio vuole avere una torta tutta per lui, ma finisce con una indigestione. Da adolescente il suo sogno d’amore si realizza, solo per poi concludersi con un cuore spezzato.
E così, quando Milo è adulto, interpretato da un bravissimo Jacopo Rampini, si ritrova nel ruolo di un “ladro di stelle cadenti”: il suo scopo non è quello di cancellare i desideri delle persone, ma quello di aiutare affinché essi non abbiano conseguenze negative.
Un racconto di questo tipo ha ovviamente bisogno della giusta scenografia per costruire pienamente la giusta atmosfera. Gli eventi si muovono in una piccola città di mare, che ha tutti gli elementi tipici di un mondo a metà strada tra il fantastico e l’onirico. La fotografia è parte integrante di questo lavoro, con l’obiettivo di offrire al pubblico delle sequenze suggestive e coinvolgenti.
E mentre Milo si muove su questo palcoscenico fa il suo ritorno il grande amore della sua adolescenza, Betty, interpretata da Clizia Fornasier. Betty non è un personaggio secondario, anzi. Il suo peso in Il Ladro di Stelle Cadenti non dipende solamente dal suo rapporto con Milo, ma ciò che le dà veramente valore è la sua stessa caratterizzazione, e gli eventi che la hanno portata a cambiare, crescere, maturare. Se Milo è il volto della componente fiabesca, Betty è invece il viso di quella realtà a cui restiamo ancorati ancora quando siamo nel mondo dei desideri e dei sogni.
Sarebbe riduttivo considerare solo Rampini e Fornasier quando si parla del cast. Hanno un ruolo molto importante anche Daniel McVicar e Leandro Baroncini. McVicar ha dimostrato di non essere un semplice attore di soap, ma di avere le competenze e il talento per dare reale spessore ai personaggi che interpreta. Per Baroncini al contrario è la prima esperienza sul set, ma ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per fare strada in questo mondo.
Voglio chiudere questa recensione citando due aspetti di questo film che contribuiscono in maniera fondamentale all’ottimo risultato finale: la colonna sonora e l’uso dei colori. Francesco Marzola ha realizzato una colonna sonora che difficilmente si potrà dimenticare. Le sue tracce non sono un semplice sottofondo musicale, ma sono componenti imprescindibili di ogni sequenza. Lo stesso vale per i colori, con il blu della notte e il giallo delle stelle che ci ricordano in ogni istante la magia a cui stiamo assistendo.